Giornata mondiale della poesia

Ogni anno, il 21 marzo, la Giornata mondiale della poesia promuove la diversità linguistica attraverso l’espressione poetica.

La ricorrenza incoraggia le persone a comprendere l'importanza della poesia, non solo onorando i poeti, ma facendo rivivere le tradizioni orali dei recital di poesie, nonché promuovendo la lettura, la scrittura e l'insegnamento della poesia. Sottolinea, inoltre, la convergenza tra la poesia e altre arti come il teatro, la musica, la pittura e aumenta la visibilità della poesia nei media.

La Giornata mondiale della poesia è stata istituita dall'Unesco nel 1999, durante la sua trentesima Conferenza generale a Parigi.

La dichiarazione istitutiva afferma che la Giornata è stata creata per “dare nuovo riconoscimento e slancio ai movimenti poetici nazionali, regionali e internazionali”.

“La poesia è una grazia, una possibilità di staccarsi per un po’ dalla terra e sognare, volare, usare le parole come speranze, come occhi nuovi per reinventare quello che vediamo”. 

La poesia, come ci suggerisce l’attrice Monica Vitti, può permetterci di andare oltre la realtà, guardandola attraverso una nuova luce; ci consente di esprimere i sentimenti più nascosti; ci aiuta a scavare a fondo nel nostro cuore e prova a lasciare un segno nelle coscienze altrui. 

La poesia ci permette di comprendere ed essere compresi. 

Online, si possono leggere o condividere poesie utilizzando gli hashtag #WorldPoetryDay #Poetryforlife #GiornataMondialeDellaPoesia.

Di seguito alcuni testi poetici selezionati:

Bene, vediamo un po’ come fiorisci,

come ti apri, di che colore hai i petali,

quanti pistilli hai, che trucchi usi

per spargere il tuo polline e ripeterti,

se hai fioritura languida o violenta,

che portamento prendi, dove inclini,

se nel morire infradici o insecchisci,

avanti su, io guardo, tu fiorisci.

Patrizia Cavalli (1947-2022), da Poesie, 1999.

Sono nata il ventuno a primavera

ma non sapevo che nascere folle,

aprire le zolle

potesse scatenar tempesta.

Così Proserpina lieve

vede piovere sulle erbe,

sui grossi frumenti gentili

e piange sempre la sera.

Forse è la sua preghiera.

Alda Merini (1931-2009), da Vuoto d’amore, 1991.

Vorrei sentire la tua mano fresca

sulla fronte che brucia. Così scende

sopra i roseti esausti la rugiada.

Così sboccia la luna nel buio.

Aiutami ad amarti, ad inventarti

nelle tue assenze. La mia fantasia

è comunque un tuo dono, un chiaro alibi

in questo mondo senza altrove.

Maria Luisa Spaziani (1922-2014), da Pallottoliere celeste, 2019.

Primavera, primavera in abbondanza

i tuoi canali storti, le tue pinete

sognano d’altre avventure, tu non hai

mica la paura che io tengo, dell’inverno

quando abbrividisce il vento.

 

Strappi rami agli orticoltori, semini

disagi nella mia anima (la quale bella

se ne sta in ginocchio), provi a me

stessa che tutto ciò che ha un fine

non ha fine.

 

Oppure credi di dileguarti, sorniona

nascosta da una nuvola di piogge

carica sino all’inverosimile.

Ma il mio pianto, o piuttosto una stanchezza

che non può riportarsi nel rifugio

strapazza le foglie, che ieri

mi sembravano voglie, tenerezze anche

ed ora sperdono la mia brama.

 

Di vivere avrei bisogno, di decantare

anche queste spiagge, o monti, o rivoletti

ma non so come: hai ucciso il tuo grano

nella mia gola.

 

Assomigli a me: che tra una morte

e l’altra, tiro un sospiro di sollievo

ma non mi turbo; o mi turbo? del tuo

sembrare agonizzante mentre ridi.

 

E bestemmia la gente: è più fiera

di te che dello spazio che ti strugge

portandoti fra le mie braccia. E io

stringo una pallida mummia che non

odora affatto: escono semi dai suoi

occhi, pianti, virgole, medicinali

e tu non porti il monte nella casa

e tu non puoi fruttificare, queste

sorelle che ti vegliano.

 

Sembri infatti un morto nella cassa

e non ho altro da fare che di battere

i chiodi nella faccia.

Amelia Rosselli (1930-1996), da “Documento” (1966-73).

Ti do me stessa,

le mie notti insonni,

i lunghi sorsi

di cielo e stelle – bevuti

sulle montagne,

la brezza dei mari percorsi

verso albe remote.

Ti do me stessa,

il sole vergine dei miei mattini

su favolose rive

tra superstiti colonne

e ulivi e spighe.

Ti do me stessa,

i meriggi

sul ciglio delle cascate,

i tramonti

ai piedi delle statue, sulle colline,

fra tronchi di cipressi animati

di nidi –

E tu accogli la mia meraviglia

di creatura,

il mio tremito di stelo

vivo nel cerchio

degli orizzonti,

piegato al vento

limpido – della bellezza:

e tu lascia ch’io guardi questi occhi

che Dio ti ha dati,

così densi di cielo –

profondi come secoli di luce

inabissati al di là

delle vette –

Bellezza di Antonia Pozzi (1912-1938), 4 dicembre 1934.

(mondami)

Mondami, che per voler fiorire di fiore in fiore, fiorendo sono diventato un ramo senza fiore, né mosso dal vento: libera tu, Domine, la mia libertà, mettimi dentro gli occhi la luce tenera e aspra della tua pelle di vinco: l’amore è quando le mie dita a toccarti diventano la punta delle tue.

Pierluigi Cappello (1967-2017), Azzurro elementare, Poesie 1992-2010.

Si invitano docenti e studenti ad approfondire le tematiche connesse alle

ricorrenze anche attraverso

i materiali e la bibliografia indicati nell’allegato alla presente, gentilmente predisposti dalla prof.ssa

Ferrari.

Allegati

Testi_1.pdf

Ultima revisione il 20-03-2024