Mostra "Visioni dal Futuro"

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Visitando la mostra collettiva di pittura Visioni dal Futuro, realizzata dalla classe 5 CL del
Liceo Artistico Rosselli indirizzo Arti Figurative, si ha la sensazione di attraversare la soglia di un tempo che ancora non esiste, ma che probabilmente ci sta già osservando. Le sale sono organizzate come capitoli di un romanzo visivo, ciascuno volto a interrogare il nostro rapporto con ciò che verrà. È una mostra che non si limita a immaginare avanguardie estetiche, ma tenta di decifrare l’invisibile, come un moderno oracolo pittorico.


Molte opere sembrano dialogare con la tradizione delle utopie letterarie: città sospese tra
cielo e rete digitale ricordano l’armonia geometrica descritta da Italo Calvino nelle sue
Città Invisibili, ma qui la visione si incrina, si elettrifica, si riempie di presenze artificiali che
sembrano scrutare il visitatore. Altre tele evocano un’umanità rarefatta, una folla di ombre elettroniche che richiama la malinconia cosmica di Ray Bradbury o le atmosfere di Philip K. Dick, dove il confine tra umano e sintetico si dissolve.
Non mancano suggestioni poetiche. Alcune opere si intersecano come costellazioni
algoritmiche, dove viene spontaneo ripensare a Giuseppe Ungaretti:
“Di queste case - non è rimasto - che qualche - brandello di muro...”
Qui, però, a sbriciolarsi non sono le case, ma le strutture del presente, erose dal vento del
possibile. La pittura traduce in colore ciò che la poesia custodisce in silenzio: la precarietà
del momento e l’infinita metamorfosi del futuro.
Uno dei filoni più affascinanti della mostra è quello che esplora il rapporto tra memoria e
tecnologia. I dipinti, costruiti su livelli di trasparenze e glitch cromatici, ricordano la
riflessione di Borges sulla memoria infinita: il futuro che ci viene mostrato non è pulito e
lineare, ma una sovrapposizione di ricordi che non hanno ancora avuto luogo. È una
prospettiva vertiginosa, che invita a considerare il tempo come una spirale anziché una
linea retta.
“Visioni dal Futuro” non offre risposte, ma domande: che forma avrà la nostra identità?
Come cambierà il paesaggio emotivo? Quali nuovi miti nasceranno dalle nostre stesse
invenzioni?
Alla fine della mostra, ci si scopre sospesi tra speranza e inquietudine. Come scriveva
Emily Dickinson, “Il futuro è un infinito che non osa nominarsi.”
E questa mostra riesce proprio in questo: nominare l’innominabile, dipingere ciò che
ancora è solo immaginazione.

Buona Visione

Ultima revisione il 11-12-2025